La mostra fotografica LA LUCE E IL TEMPO di Mario Balossini è la sintesi di un interesse iniziato circa venti anni fa, interrotto dalle difficoltà di reperimento e di sviluppo delle pellicole e riacceso con il ritorno delle pellicole di formato 120. L’autore ha rispolverato le vecchie macchine stenopeiche in legno e ne ha acquistate di nuove per avere a disposizione formati particolari come il 6 cm x 12 cm, il 6 cm x 9 cm e il 4”x 5”. Le macchine sono a pellicola, ma non possono essere equiparate alle macchine analogiche classiche. Non è stato utilizzato il foro stenopeico applicabile sulle fotocamere digitali.
La fotocamera stenopeica non ha obiettivo, non ha un mirino e uno schermo, non permette di vedere la foto prima e dopo lo scatto. L’otturatore è un’asta scorrevole, che consente alla luce di accedere alla pellicola attraverso un piccolo foro. Guardare con i propri occhi, riflettere a lungo sulla scelta dell’inquadratura e sulla misura dell’esposizione sono le motivazioni che hanno spinto l’autore a riprendere in mano la macchina stenopeica.
Questo tipo di fotografia costringe ad abbandonare gli schemi classici della ripresa eseguita con le macchine digitali o analogiche. Si fotografa con le macchine stenopeiche per fotografare stenopeico, avendo programmato la ricerca di soggetti stenopeici. Sembra una tautologia, un gioco di parole: è assolutamente vero.
La mostra rappresenta soggetti eterogenei, è un percorso che attraversa vari temi fotografici interpretati con uno strumento inusuale. Le foto sono raccolte per argomento, ma non è l’argomento la chiave di interpretazione. Le immagini dovrebbero essere considerate come il risultato di osservazioni, di scelte e di valutazioni che richiedono tempo e ripensamenti.
La luce in fotografia è sempre protagonista: nella fotografia stenopeica lo è ancora di più. A volte si beffa del fotografo, a volte lo adula con risultati inattesi e straordinari, ma non è nemica, è sempre dalla parte del fotografo. L’autore ha giocato con la luce e si è sempre divertito.
Ha realizzato le riprese in Val d’Orcia, nella campagna novarese, nella Valle del Ticino, a Rassa, sul Lago d’Orta. Ha provato a fotografare Novara, tra mille difficoltà.
L’autore ringrazia il Comitato d’Amore di Casa Bossi per avergli dato l’opportunità di tornare a fotografare un ambiente che è un capolavoro dell’architettura e una miniera di ispirazioni per i fotografi.
Alla fine, non ha resistito: si è dedicato allo stile che gli è più congeniale… forme, ombre, doppie esposizioni.
Ha stampato personalmente i negativi digitalizzati, utilizzando carta fine art e una stampante a getto d’inchiostro.
Non ha cercato di inseguire la pittura: presenta fotografie, unicamente fotografie. Sono eseguite con strumenti particolari, più diffusi di quanto non si pensi, ma sono fotografie!